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E' morto Salvatore Mangione, in arte Salvo.

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Messaggio Da Notaio Lun 14 Set 2015, 00:11

Vi posto la notizia trovata in rete.
Qualche cenno biografico e sulla carriera.

È morto il 12 settembre, a Torino, dove la famiglia lo portò a vivere quando era ancora un bambino. Salvo – così si faceva chiamare Salvatore Mangione, padre della gallerista torinese Norma – si è spento all’età di 68 anni. Era nato a Leonforte, in provincia di Enna, nel 1947. La Sicilia ce l’aveva nel nome e nel certificato di nascita, ma la sua vita la trascorse a Torino dove, sin da ragazzino, ebbe chiaro che voleva fare l’artista, da grande. E così fu. Dopo aver preso parte ai movimenti studenteschi sessantottini a Parigi, Salvo rientra a Torino e inizia a frequentare l’ambiente della galleria di Gian Enzo Sperone e gli artisti dell’Arte povera, come Alighiero Boetti, Mario Merz, Gilberto Zorio e Giuseppe Penone. Un po’ guarda ai fedeli di Germano Celant e alla loro ricerca che spingeva l’arte ad una riduzione ai minimi termini, un po’ si lascia affascinare da Joseph Kosuth, Robert Barry, Sol LeWitt e dal concettualismo internazionale. Senza mai aderire a nessuno dei movimenti allora in fermento, inizia a produrre le sue prime opere, come la serie di 12 autoritratti – presentati nel 1970 alla galleria Sperone – in cui combina il suo volto con immagini estrapolate da giornali; o le lapidi in marmo su cui incide epigrafi autocelebrative (“Io sono il migliore”) o legate ad altre tematiche che poi svilupperà nel corso della sua ricerca artistica, come il rapporto con la storia e la ricerca dell’io.
Di questo periodo, sono anche la serie dei Tricolore con il suo nome scritto con i colori della bandiera italiana, e i romanzi in cui l’artista si sostituisce ai protagonisti, secondo un procedimento narcisista che ricorda quello degli autoritratti. Poi, nel 1972, la partecipazione a Documenta 5, la storica edizione curata da Harald Szeemann. Dall’anno seguente, Salvo si consacra alla pittura: rivisita opere dei maestri del Quattrocento, senza mancare di inserire il suo autoritratto, e inizia a comporre paesaggi italiani dai colori vividi e le forme semplificate. Dal 1982, anno della sua prima retrospettiva al Museum van Hedendaagse Kunst di Gand, ad oggi, è stato un susseguirsi di esposizioni in Italia e all’estero. Tra le più recenti, la mostra Quarantanni d’arte contemporanea. Massimo Minini 1973 – 2013, allestita alla Triennale di Milano nel 2013, e Gli anni Settanta a Roma organizzata lo stesso anno al Palazzo delle Esposizioni di Roma.
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Messaggio Da Giuseppe77 Lun 14 Set 2015, 14:33

è morto davvero giovane, a fine agosto aveva lasciato questa terra anche Aubertin.
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Messaggio Da Notaio Sab 19 Set 2015, 00:25

Ho trovato un'intervista piuttosto vecchia, ripubblicata sulla rivista flashart, dedicata a Salvo. Fu pubblicata nel 1991, domanda e risposta.
Sorprendente il modo di intendere l'arte da parte sua, con una discreta presunzione del dire che non ha mai trovato un artista più abile di lui nella manualità del dipingere. Risposte sorprendenti per la banalità e una discreta spocchia che ci fanno capire come gli artisti spesso sia meglio collezionarli e non conoscerli.

Giudicate voi e ditemi cosa ne pensate.






In ricordo di Salvo

14.09.2015

In ricordo di Salvo (Salvatore Mangione, Leonforte, 1947 – Torino, 12 settembre 2015) ripubblichiamo un'intervista di Giancarlo Politi all'artista uscita sul numero 162 di Flash Art (giugno - luglio 1991).

Salvo: Una volta Hinault, alla domanda su quali fossero le differenze tra un campione e un corridore qualunque, rispose, con straordinaria verità: "Il campione è quello che soffre di più".
Giancarlo Politi: In realtà il genio è un culo di pietra. Moravia nel suo piccolo, trascorreva otto ore al giorno sulla macchina da scrivere.
S: Certo! Nessuno nasce con la patente. Robert Louis Stevenson confessò al figliastro: "Ho cominciato con possibilità molto mediocri, senza alcun talento eccezionale; il mio successo è dovuto alla mia operosità indubbiamente notevole. La perseveranza può compiere miracoli. Tutti lo sanno, è un luogo comune; eppure quant'è raro che qualcuno lo faccia!". Ricordo la prima volta che comprai i colori, non riuscivo a tracciare una linea sottile e diritta — "Come fanno?", mi chiedevo — poi ho imparato.

GP: A cinquant' anni si può imparare?
S: Henri Rousseau ha imparato tardi. Bisognerebbe dare la patente di pittore... Lui d'altra parte la chiese una volta a Vollard; gli serviva per fidanzarsi... Ci vuol cuore, tanto cuore, e coraggio di sbagliare. È quando sbagli (quando non osservi pedissequamente i canoni esistenti) che riesci. Cézanne è un grande pittore perché sbagliava. "Un'opera importante — diceva Balzac — suscita una sensazione sgradevole. Come se ci fosse qualcosa di sbagliato".

GP: E il cuore che c'entra in tutto questo?
S: Mah, il quadro riflette la quantità d'amore che ci metti, credo.

GP: Alcuni anni fa un artista di Parigi, di quelli che espongono quadri sul Lungosenna, fu invitato da Daniel Buren e da Yvon Lambert ad esporre nella galleria di Lambert. Così quei quadri che sulla strada costavano 50.000 lire, in galleria venivano offerti a 2.000.000. Non pensi che alcune tue opere potrebbero subire il processo inverso se vendute in una di queste gallerie che espongono artisti dilettanti?
S: Non so, non penso mai a cose del genere, piuttosto mi piace riflettere su frasi come quella di Tacito riguardante Tiberio all'inizio del suo principato: "Egli fissava bene nella sua mente parole e volti, interpretandoli in modo sinistro".

GP: Ma come? Se in passato eri un artista concettuale!
S: Ero giovane.

GP: Sì, però eri già formato e affermato come artista. Il passaggio è stato forse una strategia di mercato?
S: No, volevo solo fare qualcosa di diverso. Andavo nelle gallerie e vedevo solo bianco e nero. Poi tutti gli artisti volevano stare nei musei con i pittori, ma suonavano il pianoforte, allora ho rimesso in gioco la pittura.

GP: Quando dipingi provi piacere?
S: Non molto, perché c'è la fatica tecnica come in qualunque altro lavoro manuale, anche se ottenere un certo effetto in alcuni momenti ti solleva.

GP: Non c' è un senso di liberazione?
S: Sì, mi libero a livello personale da certe ossessioni erotiche o di altro genere. Sai, dipingo anche per guadagnarmi la giornata. Mi dicono: "Ti do tot se mi fai un quadro", e io lo faccio.

GP: Certo, è una motivazione molto stimolante.
S: Mi hanno commissionato un quadro che non ho voglia di fare, ma lo faccio perché mi hanno dato dei soldi. Poi mi telefonano per chiedermi se è pronto e io dico di sì, anche se non è vero, e loro mi chiedono: "Ma com'è?", e io glielo descrivo: "è un paesaggio notturno", eccetera, e poi glielo devo fare così come l'ho descritto.

GP: Però ti diverti anche a partecipare a questo gioco, no?
S: Un po'. Sai, i giochi dopo un po' annoiano. Quando fai un quadro ti senti come un generale, perché ad un certo punto arretro e vedo dove devo mettere una casa, un albero e dico: "Battaglione a sinistra! Battaglione a destra!", però quando vado a realizzarlo divento un soldato semplice e allora non è più bello.

GP: Ma io credo invece che i soldati siano i tuoi collezionisti, cioè i tuoi giochi degli scacchi.
S: Ma nemmeno per sogno! Senza di loro non esisterebbe il mercato, verrebbe a mancare la prova economica del valore. Quindi il loro è un ruolo primario.

GP: Puoi dare qualunque cosa ad un tuo mercante o a un tuo collezionista?
S: No, perché si aspettano già qualcosa.

GP: Ma sadicamente tu potresti divertirti a dare qualunque cosa con la tua autorità?
S: Ma scherzi? Però un pittore bravo potrebbe disattendere l'aspettativa.

GP: Quali sono i soggetti più richiesti? Sei tu che li imponi?
S: Metà e metà. Dipende da quanto sei uno che ama dire no o sì. Quando ami dire no, dai molta importanza a te stesso, alla tua libertà e allora fai i capricci, ma a me piace esser abbastanza indulgente con chi mi paga.

GP: Perché hai fatto l'artista?
S: Perché è un campo dove è facile primeggiare, mentre nel biliardo, ad esempio, ho trovato gente che mi batteva; ero campione di biliardo, ho preso tre medaglie d'oro.

GP: Visto il tuo rispetto per la pittura, come ti senti di fronte a pittori manualmente più abili di te?
S: Non ne ho mai trovati.

GP: Non mi dire che non ci sono pittori manualmente più abili di te, forse meno intelligenti, questo sì...
S: Guarda, Giancarlo, per chiarirti che cosa significhi abilità manuale ti racconterò una storiella. Se Leonardo da Vinci avesse dipinto La Gioconda ai tempi degli antichi Egizi, lo avrebbero preso a calci nel sedere.

GP: Con chi intrattieni rapporti?
S: Con i fantasmi.

GP: Ma che artisti frequenti?
S: I soliti, tutti.

GP: Ma vent'anni fa hai avuto una frequentazione diversa?
S: Da giovani, le differenze estetiche e i diversi riconoscimenti non hanno ancora una disparità tale da impedire un rapporto, così come invece avviene in seguito.

GP: Ma per il mercante di oggi è cambiato qualcosa rispetto agli anni Settanta?
S: Da una parte ha le stesse finalità, quelle del profitto. Forse sai che presso gli Assiri un debitore insolvente era definito un uomo morto...

GP: Tanto per parlare di ideali a cui pare noi teniamo molto...
S: Purtroppo noi non ne possiamo avere. Se li sono presi tutti gli altri.

GP: Voglio dire che un artista di successo come te...
S: Andiamoci piano con la parola successo. È talmente fraintesa e arreca tali pericoli...

GP: Tu che hai una memoria formidabile...
S: Sì, ma secondo Montaigne non è una qualità.

GP: Certo, ma quanto ha giocato nel tuo successo questa forte capacità di memorizzare, di citare?
S: Non ne ho idea.

GP: Com'è fatta una tua giornata?
S: Come quella di tutti gli altri.

GP: Quando inizi un quadro lo porti a termine o...
S: Portare a termine è l'obiettivo, la determinazione.

GP: Ma tu lavori su più opere contemporaneamente?
S: No, mai. Comunque sarebbe un errore.

GP: Che libri leggi?
S: Ti preparerò una lista, ma è piuttosto lunga e ci vorrà del tempo.

GP: Non hai assistenti?
S: Ma scherzi? Dipingere è un'attività talmente intima, talmente privata, personale.

GP: Ma i grandi maestri del passato a cui ti rifai avevano assistenti.
S: Sì, che gli macinavano il colore.

GP: Beh, i libri di maggior successo sono scritti dagli assistenti, i cosiddetti "ghostwriter", no?
S: Ma cosa dici! Voglio credere che tu stia scherzando!

GP: A cosa devi la tua popolarità?
S: Non credo affatto di essere popolare, non mi conosce nessuno. Forse sono popolare alla Questura.

GP: Dai Salvo, non essere sempre così paradossale!
S: I giochi linguistici, caro Giancarlo, come il paradosso, fanno parte del linguaggio. Non si può vivere di sola letterarietà, né pretenderla dal tuo interlocutore. Non siamo mica in tribunale!

GP: Cosa pensi della circolazione delle tue opere?
S: Beh, sai, Giulio Einaudi ha un mio quadro nel bagno, sopra il water, e ti confesserò che ne sono molto orgoglioso. Un quadro che vedi tutti i giorni, ti deve piacere davvero.

GP: Pensi che la strategia sia un elemento negativo?
S: I grandi non ce l'hanno mai, al massimo possono avere delle tattiche. La strategia presuppone una lunghissima visione, che significa una sicurezza di vita: chi può dire di averla? "Chi oserà dire arrivederci oltre l'abisso di due, di tre giorni?", dice il poeta Tjutcev.

GP: Visto che neghi la strategia, non pensi che ogni artista faccia per sé una ricerca di mercato?
S: Guarda, Giancarlo, il marketing lo lascio agli Armando Testa.

GP: Cosa pensi dell'arte americana di oggi?
S: È un'arte provinciale.

GP: Perché?
S: Perché l'America è una provincia!

GP: Ma quale provincia, New York non è mica Pinerolo...
S: Per me sì; perché me lo contesti? È una mia opinione, non una verità. "Metropoli: la roccaforte del provincialismo", ha scritto Pierce, un americano.

GP: Mi pare affiori la presunzione dell' europeo.
S: Sì, può darsi, ma anche del cinese.

GP: Non conosco i cinesi.
S: No, nel senso che è più interessante la cultura cinese. Non capisco questa mitologia, questa superstizione per una nazione che praticamente fino a ieri non esisteva. Certo il capitale deve avere la sua parte.

GP: Mi pare che oggi fra l'arte europea e quella americana ci siano delle forti analogie.
S: Ma l'America è tutta un'analogia, perché è una colonia dell'Europa ed è la copia di tutto ciò che è europeo.

GP: Ho notato che tu appoggi spesso le tue convinzioni sui libri.
S: Perché così mi pare che possano venirne rafforzate.

GP: Comunque volevo dire che la grande arte nasce sempre o viene esposta nelle capitali della cultura e dove c'è il capitale economico.
S: Oggi il capitale economico è l'Europa, la grande strada del mondo è la Milano-Amburgo.

GP: Un'altra città che potrebbe tornare ad essere una capitale della cultura è Parigi.
S: Speriamo. Perché togliere a Parigi le sue possibilità?

Helena Kontova: I tuoi quadri sono moderni o postmoderni?
S: Non so, sono gli altri che danno le definizioni. Io mi considero soprattutto un classico.

HK: Ma i tuoi quadri sono religiosi?
S: (Salvo si gira sorridendo a Helena Kontova) Ecco, con la sensibilità tipica delle donne, hai toccato un punto importante, il punto chiave. Ma il "religioso" è un terreno imperscrutabile e indefinibile.

GP: Ma tu hai fatto l'attore da ragazzo?
S: No, non sono abbastanza timido. Sai che nelle interviste gli attori dicono tutti di essere timidi.

GP: Come ti trovi a Torino, che è una città fortemente caratterizzata dall'Arte Povera, un lavoro così differente dal tuo?
S: Meravigliosamente.

GP: E del Museo di Rivoli cosa pensi?
S: Io del Museo del Rivoli non penso un bel niente, avendo altre cose a cui pensare. Ma tu volevi farmi dire: "è bene" o "è male". E io non posso essere categorico su un argomento che conosco così poco.
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