LE SEI CRISI DEL MERCATO DELL'ARTE DEGLI ULTIMI 50 ANNI

Ripensando alla crisi economica del mondo dell'arte ho rispolverato una rivista"il giornale dell'arte" del mese di novembre 2008, dove il giornalista della rivista riesamina le ultime 6 crisi del mondo dell'arte, strettamente collegate alla varie crisi economiche mondiali.
Per imparare dagli errori del passato e prevenire gli errori del futuro, occorre conoscere quello che è successo, onde evitare di fare passi sbagliati e svendere una collezione solo perchè ci sembra che un artista non tiri più o non lo vendano più in tv.
Le crisi mondiali verranno analizzate nei dettagli con nomi e cognomi delle case d'asta e degli artisti che hanno subito i tracolli e poi le riprese; leggerete delle cose storiche e sorprendenti che mi auguro siano per voi interessanti per capire meglio questo pazzo mondo dell'arte.
Sarà un post a puntate, dove quando vorrete potrete intervenire per commentare e suggerire spunti di discussione a vostro piacimento collegati allo sviluppo delle crisi.

Partiremo con la prima crisi: anno 1963.

Siamo nel 1961, anno in cui si svolse la prima asta di Finarte che coincide con l'avvento in Italia di un mercato moderno. Iniziano i primi successi nel mondo dell'arte in Italia.
Alla fine del 1963 si manifestano i primi sintomi di una crisi inflativa derivata dal boom degli anni precedenti, di difficile decifrazione.
Di fatto il mercato si fermò di colpo e molte case d'aste dopo i successi delle prime aste di quadri moderni e antichi, videro i compratori dileguardi del tutto rispetto alle folte presenze delle prime manifestazioni.
Prendiamo come riferimento la casa d'asta Finarte.
Se nella prima asta di quadri antichi si vendette il 90% del caatlogo, nel 1965 si scese al 40%, nonostante un'offerta di ottimo livello. Stessi risultati per il moderno.
Come avvenne anche negli anni successivi, la crisi economica precedette di diversi mesi la discesa dei prezzi dell'arte.
All'inizio della deflazione il mercato continuò la sua corsa, spinto ancora dalla passione di collezionisti e mercanti. Iniziavano però a manifestarsi i primi problemi di liquidità con la normale prudenza che accompagna il mondo dell'arte, notoriamente poco liquido.
Dopo il 1964 fu la volta della scuola di Parigi ad avere un tracollo.
Artisti come Manessier, Soulages, Bazaine, Fautrier e anche recenti vincitori della Biennale di Venezia, sparirono dal mercato.
Sarebbero occorsi circa 30 anni prima che questi autori tornassero a ricomparire dignitosamente nei cataloghi delle aste.

Fine della prima crisi.

Seconda crisi: 1972-1975


Fu denominata "crisi petrolifera" e fu vissuta dalla gente con passività ironica. Nessun allarmismo per un'eventuale prossima estinzione dei pozzi: le persone non ci credevano.
Dopo l'esperienza degli anni 60' ci si aspettava la ripresa in 2-3 anni. Anche quella congiuntura, che allora venne chiamata recessione, ebbe delle vittime; la cadura libera del surrealismo e dell'arte astratta.
Furono in quegli anni i tentativi di istituire i fondi d'investimento in opere d'arte. L'artista travolto da questa ondata di pessimismo fu Max Ernst.
In Italia Lucio Fontana. Ma anche grandissimi maestri come Mondrian, Kandinsky, Klee, soffrirono una lunga pausa di disaffezione.
La scuola americana subì forti ribassi e quasi subito dopo molti dipinti acquistati da collezionisti e mercanti ripresero la via verso la madrepatria. Tornò allora un maggiore interesse verso l'arte antica, determinato sia dalla grande differenza dei prezzi tra i due settori del mercato, sia dalla maggiore tranquillità dell'investimento su valori consolidati.
Questa crisi testimoniò come il pessimismo sul futuro, legato alla scarsa liquidità delle opere d'arte, potessero esercitare una forte pressione allo smobilizzo e alla perdita con la svalutazione delle opere dell'arte moderna e contemporanea. Inevitabili le perdite in fase di smobilizzo.
Sintomi questi che spesso accompagnano tutte le crisi nel mondo dell'arte.

Fine della seconda crisi.

Terza crisi: 1987


E' stata quella di più breve durata.
Originata essenzialmente dalla speculazione valutaria e finanziaria.
Ci fu un grande allarme ma in realtà non ci furono ripercussioni sensibili sul mercato dell'arte e si diffuse il convicimento che i valori dei deipinti e degli oggetti d'arte fossero slegati dalle vicende economiche.
Quell'ottimismo allontanò l'Italia dal forte sviluppo del sistema internazionale per inerzia atavica e per mancanza da parte dello stato di una lungimirante politica di interventi sul mercato e di difesa del collezionismo.
Per non parlare poi del treno perso per l'arricchimento del nostro patrimonio pubblico.
Un'esempio questo di come il nostro paese abbia progressivamente lasciato il passo ad altre realtà economiche e finanziarie che nel mondo dell'arte hanno progressivamente preso il sopravvento.
Se oggi in Italia solo il 3% delle transazioni mondiali in arte avvengono nel nostro paese, è grazie alla disattenzione dei nostri politici che non hanno difeso il sistema arte.

fine della terza crisi

Quarta crisi: 1990-1995


Fu la guerra del Golfo iniziata nel 1990 a mandare in fibrillazione soprattutto le aste principale punto di riferimento. C'era stata negli anni precedenti molta speculazione e forti capitali erano stati dirottati nel settore delle aste.
Fu una lunga congiuntura, molto più del previsto, ma la ripresa ebbe un momento preciso. A New York nelle aste autunnali del 1992 furono venduti due dipinti di Matisse a prezzi record:
- "Armonie Jaunie" del 1927 raggiunse la cifra di 14,5 milioni di dollari da Christie's;
- " Asie" del 1946 fu aggiudicato presso Sotheby's a 11 milioni di dollari raddoppiando le stime.

Fu il segnale della nuova ripresa ma l'inizio di un abbandono graduale e costante delle posizioni di prestigio che avevano i negozi antiquari in tutte le grandi città.
L'arte ripiegava lasciando il posto alla moda.
Segnale pericoloso di un arretramento della cultura a favore di un'effimera esibizione di eleganza e lusso.
Questo fenomeno si espanderà spingendo gli artisti sempre più verso un concettualismo manieristico e verso la decorazione.

fine della quarta crisi

Quinta crisi: 2001


E' la crisi conseguente all'attacco alle torri gemelle di New York. Il periodo era dominato dalla paura di nuovi attentati, l'economia era sull'orlo della crisi e il mercato dell'arte sempre più impaurito.
Ma la guerra all'Iraq genererà sempre nuovi fermenti e formidabili ricchezze. Così esplode l'arte contemporanea e fanno il loro ingresso nel mercato ufficiale i pittori cinesi e indiani. E' una nuova corsa agli investimenti. L'arte moderna viene consacrata dalla grande mostra al Martin-Gropius-Bau di Berlino del 1997 "l'età del modernismo". L'arte nel XX secolo ha consolidato i principi che legano l'arte all'economia e successivamente alla politica.
Il legame nuovo è ormai stabilito in un sistema perfetto che coinvolge artisti, mecenati, finanzieri, fondi d'investimento, galleristi, case d'asta, direttori di museo, storici dell'arte e collezionisti.
La speculazione ha una nuova chiara strada da seguire e nuovi mondi da esplorare. Anche la politica si accorge dell'arte, ma come al solito l'Italia non sa approffittare nè della sua grande storia nè della sua potenzialità e chiuderà ancora una volta la porta al collezionismo e al mercato.
Alle opere d'arte e agli artisti contemporanei penseranno le istituzioni straniere. Frattanto le aste registrano sempre nuovi record: la stampa e i salotti parlano di mercato impazzito dominato da collezionisti straricchi circondati da consulenti aggressivi e da un'attività di marketing molto professionale e coinvolgente. La clientela tradizionale non si riconosce più in questo clima concorrenziale fortesemente competitivo, a volte esasperato.

Sesta crisi: 2007-08


Crolla il mondo della finanza. Crollano ricchezze di carta create dai banchieri, da dirigenti di società finanziarie, dai brokers, dai promotori. Un vorticoso giro che ha arricchito soprattutto gli speculatori, le società finanziarie, le banche, i grandi dirigenti a scapito di investitori spesso circuiti.
Finisce il triondo della speculazione spesso condotta in maniera forsennata per arricchire i bilanci.
Che cosa succederà nel mondo dell'arte?
Un'evento emblematico è la proiezione di quanto è successo nella sofisticata finanza dei derivati: l'asta di Damien Hirst. Tutte le regole sono saltate; dall'esecuzione delle opere riprodotte da un'equipe su modelli già creati, falsi ideologici come quelli per i quali Giorgio de Chirico era stato condannato dalla critica per i rifacimenti quasi seriali dei dipinti degli anni dieci e venti, alla presunzione di fissare a priori i risultati delle vendite.
La speculazione è pronta a sfruttare un evento che ha coinvolto tutto il sistema: l'opera d'arte tende sempre più a essere considerata un valore economico anzichè un contenitore di bellezza e di idealità. Come i derivati hanno stravolto nell'intero mondo i rapporti tra economia reale e finanza, i derivati dell'arte potrebbero falsare le connessioni tra arte e mercato.
Quali saranno d'ora in poi i rapporti tra arte, istituzioni e denaro?
Saranno dei banchieri a stabilire le relazioni tra creatività e prezzi dei prodotti artistici?
Temo che ancora una volta vincerà il denaro.


Si conclude qui la cronostoria delle sei crisi dell'arte degli ultimi 50 anni.
Le valutazioni riportate sono state espresse da un testimone eccellente, Casimiro Porro, decano dei banditori d'asta italiani, dimostratosi arguto e intelligente nella valutazione degli eventi passati e presenti.
Spero vi sia piaciuta.

Eccovi un breve promemoria delle sei crisi:
1963 - Crisi inflattiva;
1972-75 - Crisi petrolifera;
1987 - Crisi speculativa;
1990-95 - Crisi originata dalla guerra del golfo;
2001 - Crisi originata dall'attacco alle torri gemelle;
2007-08 - Crisi del crollo della finanza internazionale, la cosiddetta ricchezza di carta.

Mia considerazione finale

Questo articolo è del 2008. Vista la crisi che stiamo attraversando oggi possiamo tranquillamente sottolineare che la sesta crisi è ben lungi dall'essere conclusa, anzi siamo in mezzo alla tempesta.
Le origini di questa crisi però saranno sempre, dico sempre, associate a chi crea ricchezza e detta le regole del gioco. Grandi mercanti e grandi banchieri decidono la fortuna e il declino di artisti di ogni genere. La ricchezza che nel mondo sta trasferendosi sempre più in oriente (Cina e India), tende sempre più a privilegiare artisti dei paesi emergenti lontani anni luce dalla storia dell'arte.

Quando si concluderà questa sesta crisi?

Dopo gli ultimi 6 mesi del 2014, e dopo le stime delle prossime aste internazionali che sto esaminando, con tutti i record realizzati nel 2014 e con quelli che si stanno prefigurando nel 2015, posso tranquillamente dire che la sesta crisi dell'arte si è definitivamente conclusa dopo qualche anno di alti e molti bassi.
Almeno per quanto riguarda il collezionismo di altissima fascia, non certo di quella media e bassa.

Il denaro continua a vincere la sua battaglia, e le opere d'arte tendono sempre più a essere considerate un valore economico anzichè un contenitore di bellezza, di ampio valore creativo.
Ma anche questa crescita evolutiva dell'investimento, come già accaduto in passato troverà un culmine, per fermarsi e tornare indietro con ampi rischi, come già accaduto in passato. Nessuno può prevedere il futuro, ma se il mondo dell'arte si sta pericolosamente avvicinando a quello della finanza, il rischio è che molti si scottino le mani, sottovalutandone gli effetti.

Aspettiamo che torni l'apprezzamento anche verso l'arte pittorica espressione della raffigurazione della bellezza e della creatività, quella che da sempre non tradisce mai gli artisti che l'hanno rappresentata.
I veri valori dell'arte, quelli universalmente riconosciuti, sono sempre stabili, con oscillazioni molto ridotte, anche nelle fasi regressive e nelle peggiori crisi del settore.
Gli amanti dell'arte continuano a visitare mostre spettacolari di artisti di un certo tipo, quelli della tradizione artistica del passato e anche di quelli che la raffigurano in chiave moderna, non di quelli che rappresentano solo un investimento finanziario, una speculazione messa in piedi dai banchieri.

Vedremo quanto durerà adesso questa ripresa della fascia alta del collezionismo, spero che ci sia la ripresa anche per tutte le altre fasce il prima possibile.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-01-19/entro-2016-l-1percento-popolazione-sara-piu-ricco-resto-mondo--105352.shtml?uuid=ABLP09fC

questi ultimi dati la dicono lunga su come alcuni artisti saranno come figurine di scambio per alcuni eletti,in tempi di grande fratello fiscale (vedi programma ocse) la tendenza sara ' barattare opere d arte!

Sono dati allarmanti, segno di una società sempre più sbilanciata e governata da super ricchi.
La storia a quanto sembra non insegna mai abbastanza ai popoli e Obama che solo in chiusura di secondo mandato, per giunta con le camere in minoranza, vuole fare qualcosa per ridurre il gap, mi fa credere che le cose siano già indirizzate verso i dati statistici indicati in questo rapporto.
Effettivamente gli artisti rischiano di diventare solo merce di scambio da baratto.
Il mondo dell'arte riflette sempre questi squilibri nella distribuzione della ricchezza.

Ho una osservazione da proporre.
Quando mi sono avvicinato al mondo dell'arte,è stato seguendo le trasmissioni di Dario Olivi.Parlava e spiegava;spiegava e parlava,con calma,professionalità,critiche a volte positive altre meno.
Presentava Madiai,Masi,Tommasi,Maccari,Magazzini,Costantini,Perilli,e solo in una trasmissione delle tre che conduceva,quella del Venerdì,si dimenava fra Vedova,Afro,Scanavino,Bonalumi,Castellani,Accardi,De Pisis,Guttuso,De Chirico.
Ora mi sembra che,così come per la società civile,sta sparendo la classe di mezzo,anche per le trasmissioni Orler si verifichi la stessa cosa.
Sia Olivi che Vanoni presentano ormai opere da milionari;sono spariti i quadri da 1.000,2.000,3.000,4.000 euro.
Ciò che forse interessa ai piu'.
Guardano solo alla ristretta cerchia di "chi può",fregandosene degli altri.
Diretta conseguenza di ciò è quella di non presentare gli artisti che appartengono alla fascia dei meno abbienti.Fra i quali il nostro amato Monti.
Ma anche tanti altri che non sto a nominare perchè poi ciascuno ha i suoi gusti.
Per ultimo:tutto ciò che hanno venduto in 13 anni di televisione,non sono piu' disposti a permutarlo.Mai e per nessuna ragione.Almeno questo è parso a me di capire.

Bella riflessione caro Gerry.

La voglio analizzare meglio con calma perchè sulle permute ti sei molto avvicinato al vero.

Sugli artisti da fascia 1000-5000, hanno differenziato molto, riservandosi tutta la schiera dei toscani e di tutta la fascia degli amichetti di Carletto, trattati a cifre anche molto contenute da Montesano a Cheope, da Vago a Conrad, da Weber a Gusmaroli.

Li la cirisi non è arrivata, a quanto pare.

gerry tu se avessi un attivita' commerciale con spese vive giornaliere che faresti?? andresti a cercare i soldi dove sono!

riguardo alle nuove tendenze,sponsorizzano cio che gli fa piu' comodo da amodio a weber,ma personalmente non ci punterei mai un euro sopra!

Il mercato dell'arte mondiale, usa spesso cancellare e recuperare artisti, a seconda della pura convenienza economica dei mercanti dell'arte.

Le crisi degli ultimi 50 anni lo hanno testimoniato spesso e la nuova strategia di sopravvivenza degli Orler, come di tanti altri galleristi, è tutta incentrata nel coltivare coloro che hanno i soldi e che continuano a spendere in questo mondo dorato e luccicante, lontano anni luce dall'essenziale del quotidiano.

salvo ha scritto:gerry tu se avessi un attivita' commerciale con spese vive giornaliere che faresti?? andresti a cercare i soldi dove sono!

L'una cosa non esclude l'altra. Il palinsesto di tanti anni fa,prevedeva appunto "l'appuntamento con i vip"il venerdi sera.
Ma faceva respirare arte anche a chi poteva arrivare ad artisti minori.
Le collezioni possono avere piani economici differenti,ma regalare ugualmente emozioni,soddisfazioni,appagamento.
E' un pò come chi è abituato a mangiare aragosta,e chi è contento del suo pane e salame.

le esigenze che avevano anni fa non sono quelle che hanno oggi devono per forza fare dei numeri a discapito dello spettacolo e del buon intrattenimento,non condivido ma li capisco!

Una volta potevi fare trasmissioni economiche
Il soldo girava per tutti per cui vendevi 10 opere da 2000 euro e la diretta era ripagata
Oggi vendi 3 opere da 1500 euro e si chiude in perdita per le spese vive
È ovvio che non possono più farle, se non c'è più il ceto medio non si fanno più le proposte commerciali per il ceto medio...

axis ha scritto:Una volta potevi fare trasmissioni economiche
Il soldo girava per tutti per cui vendevi 10 opere da 2000 euro e la diretta era ripagata
Oggi vendi 3 opere da 1500 euro e si chiude in perdita per le spese vive
È ovvio che non possono più farle, se non c'è più il ceto medio non si fanno più le proposte commerciali per il ceto medio...

e metti pure che una volta gli orler non avevano le incombenze economiche che hanno oggi!

Non volevo infierire...
E questo ulteriormente rinforza quello che ho scritto.