Opera internazionale del mese di agosto 2016; Diego Velázquez
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Opera internazionale del mese di agosto 2016; Diego Velázquez
L'opera internazionale del mese di agosto 2016 è di Diego Velázquez. Si intitola "Venere e Cupido" è un dipinto a olio su tela (122,5x175 cm), databile al 1648 circa e conservato nella National Gallery di Londra.
Si tratta di una rarità assoluta, visto che questo dipinto è l'unico esempio superstite di un nudo femminile di Velázquez, che ne avrebbe realizzati altri due, come attestato dagli inventari spagnoli del Seicento.
"Venere e Cupido", 1648
La Venere raffigura la dea della bellezza, dell’amore, della fecondità e della natura primaverile adagiata languidamente su un letto tra lenzuola di raso, con la schiena rivolta verso l'osservatore e le ginocchia piegate.
Possiamo riconoscere Venere nella figura femminile grazie alla presenza del suo figlio, Cupido. Venere sta fissando uno specchio retto da Cupido, collocato di fronte a lei, che inconsuetamente è ritratto senza la faretra e le ali; in questo modo, la dea rivolge il proprio sguardo all'osservatore del dipinto mediante la sua immagine riflessa nello specchio. Ciò nonostante, il volto rispecchiato della Venere è appannato e rivela solo parzialmente le sue caratteristiche facciali.
La posizione dello specchio, comunque, non è coerente con lo scorcio e in realtà per vedere il volto della dea in quella posizione essa si dovrebbe trovare al posto dell'osservatore: si tratta di una licenza artistica.
Si dice che il nudo di Velázquez sia stato stato dipinto per don Gaspar de Guzmán, il Conte-Duca di Olivares (1629-88), primo ministro di Filippo IV tra il 1621 e il 1643. Oltre a essere stato una potente figura politica era un appassionato collezionista d’arte e bon viveur ( «amava i dipinti quasi quanto amava le donne», mi è già simpatico da subito), circostanza che rende plausibile l’ipotesi che sia stato lui a commissionare un nudo così solletticante.
Nella cattolica Spagna, i pittori venivano dissuasi dal dedicarsi al soggetto del nudo. Nel suo Arte de la Pintura, Pacheco, il maestro di Velázquez, scriveva che l’artista dovrebbe dipingere dal vero solo il viso e le mani di una donna: tutto il resto, al fine di raggiungere l’ideale dovrebbe essere tratto da statue, disegni e stampe antichi e moderni. Qui lo specchio simboleggia la vanitas, è una metafora del passare del tempo e, per estensione, della bellezza. La sua presenza, specie nelle mani di Cupido, può attestare la fugacità dell’amore o, su un terreno morale ancora più elevato, la superiorità del vero amore sul mero desiderio.
Questo splendido dipinto fu danneggiato da una infelice squilibrata, di cui non cito neanche il nome, che nel 1914 entro nel museo della National Gallery e lo rovinò con un coltello da macellaio. Si beccò una condanna ad appena 6 mesi.
L'opera fu restaurata dai numerosi squarci, tutti riparati grazie al restauro condotto da Helmut Ruhemann.
Eccovi il risultato del danneggiamento del 1914
Conoscevate questo dipinto e la sua storia?
Si tratta di una rarità assoluta, visto che questo dipinto è l'unico esempio superstite di un nudo femminile di Velázquez, che ne avrebbe realizzati altri due, come attestato dagli inventari spagnoli del Seicento.
"Venere e Cupido", 1648
La Venere raffigura la dea della bellezza, dell’amore, della fecondità e della natura primaverile adagiata languidamente su un letto tra lenzuola di raso, con la schiena rivolta verso l'osservatore e le ginocchia piegate.
Possiamo riconoscere Venere nella figura femminile grazie alla presenza del suo figlio, Cupido. Venere sta fissando uno specchio retto da Cupido, collocato di fronte a lei, che inconsuetamente è ritratto senza la faretra e le ali; in questo modo, la dea rivolge il proprio sguardo all'osservatore del dipinto mediante la sua immagine riflessa nello specchio. Ciò nonostante, il volto rispecchiato della Venere è appannato e rivela solo parzialmente le sue caratteristiche facciali.
La posizione dello specchio, comunque, non è coerente con lo scorcio e in realtà per vedere il volto della dea in quella posizione essa si dovrebbe trovare al posto dell'osservatore: si tratta di una licenza artistica.
Si dice che il nudo di Velázquez sia stato stato dipinto per don Gaspar de Guzmán, il Conte-Duca di Olivares (1629-88), primo ministro di Filippo IV tra il 1621 e il 1643. Oltre a essere stato una potente figura politica era un appassionato collezionista d’arte e bon viveur ( «amava i dipinti quasi quanto amava le donne», mi è già simpatico da subito), circostanza che rende plausibile l’ipotesi che sia stato lui a commissionare un nudo così solletticante.
Nella cattolica Spagna, i pittori venivano dissuasi dal dedicarsi al soggetto del nudo. Nel suo Arte de la Pintura, Pacheco, il maestro di Velázquez, scriveva che l’artista dovrebbe dipingere dal vero solo il viso e le mani di una donna: tutto il resto, al fine di raggiungere l’ideale dovrebbe essere tratto da statue, disegni e stampe antichi e moderni. Qui lo specchio simboleggia la vanitas, è una metafora del passare del tempo e, per estensione, della bellezza. La sua presenza, specie nelle mani di Cupido, può attestare la fugacità dell’amore o, su un terreno morale ancora più elevato, la superiorità del vero amore sul mero desiderio.
Questo splendido dipinto fu danneggiato da una infelice squilibrata, di cui non cito neanche il nome, che nel 1914 entro nel museo della National Gallery e lo rovinò con un coltello da macellaio. Si beccò una condanna ad appena 6 mesi.
L'opera fu restaurata dai numerosi squarci, tutti riparati grazie al restauro condotto da Helmut Ruhemann.
Eccovi il risultato del danneggiamento del 1914
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